giovedì 19 agosto 2010

Dei saggi famosi

"Non avete mai visto una vela che scivola sul mare, tonda e gonfia e vibrante per l'impeto del vento ?
Come la vela, vibrante per l'impeto del vento, scivola sul mare la mia saggezza - la mia saggezza selvaggia !
Ma voi, servitori del popolo, saggi famosi, come potreste venire con me !
Così parlò Zarathustra."
(Nietzsche)

domenica 4 aprile 2010

Pasqua


Il solenne equinozio della vita ed oso dove nulla di me avrebbe mai osato. E mi libero del peso di ogni dottrina e del fardello di un sapere che traccia confini per me ormai troppo angusti e della paura del non esser più me stesso. E fisso lo sguardo in un orizzonte che non conosco, muovendo in una realtà che si configura ad ogni mio incauto passo. E seleziono, aggregando la materia per una traccia che per quanto piùpossibile, se mai cedessi, mi impedisca di tornare sui miei passi. Per battere un passo che unisca e liberi da sentieri obbligati, che liberi per poter determinare.
E creo, e per un attimo vivo in un io sconsacrato che non avevo mai raggiunto.

sabato 20 marzo 2010

Il lato oscuro


Quanto di noi che non è ma venuto alla luce e che forse mai ci verrà. Silenzioso linguaggio che abita un’oscurità che gelosa ne trattiene le alternanze. Taciti contorsionismi che a volte bramano quella luce che darebbe loro un volto, una parola, ma anche violente ricadute nella buia e ritratta dimora del non esserci, del non senso di tutte le cose.
Oscillazione tra radicali estremi e spietata lontananza da un illusorio equilibrio.
Quanto abbiamo investito in quel lato di noi che esprime il visibile, e quanto pavido ripudio per l’altro che respira caotico nell’oscuro. Quanta paura ha consigliato a noi stessi di reprimere ciò che per sua natura sfuggirebbe alla domesticazione ed al giudizio.
È l’ignoto nascosto di noi, che si costringe nella sua precaria esistenza e che scalpitando con la sua selvaggia ragionevolezza a volte brama la sua ribalta, altre si ripiega nel profondo inconoscibile del sé.
Quale frattura nell’esistenza quando l’oscuro reclama la sua parte, irriducibile a nient’altro se non al suo lacerante urlo, parola mai detta, di una sofferta alterità vissuta nel medesimo.
Quale ingombro, quale pesantezza nell’esserlo, e quel pensiero poi, che timido ti sussurra la cruda incertezza di cosa sia in fondo vivere pienamente tutto te stesso.